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Storie di yeti, orsi e macachi - criptozoo.com
Messaggi inerenti agli animali terrestri.
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#5931
Buonasera a tutti.
Torno su questo bel sito, da cui mancavo da un po', per parlarvi dello yeti; però da un punto di vista rigorosamente etnozoologico ed altrettanto rigorosamente criptozoologico.
Dunque, in parole povere, vi parlerò delle cose più strane, eccezion fatta per foto sfocate, impronte di piedoni e battute di caccia sull'Everest.
Dopo aver visto i video di Lorenzo Rossi sull'argomento, nei quali si insisteva sul ruolo di orsi, e in misura minore macachi, nelle tradizioni sugli uomini delle nevi, e un altro suo video, questa volta a tema prettamente etnozoologico, in cui si dimostrava che l'orso polare, e forse altri ursidi, è in grado di adoperare strumenti ( Nello specifico si parlava del lancio di pietre e pezzi di ghiaccio ), mi è tornato in mente un post di questo forum che riportava tradizioni abbruzzesi nelle quali a fare le veci dell'uomo selvatico era l'orso bruno, al quale si attribuivano postura bipede, mani prensili, lancio di pietre contro i molestatori e persino la capacità di comprendere il linguaggio umano.
Allora mi si è accesa una lampadina: considerando le somiglianze tra le leggende sull'orso bruno e quelle sullo yeti, oltre al fatto che in Tibet e Nepal vivono diverse specie di orsi, alcune molto rare e difficili da avvistare, proprio l'avvistamento di orsi rari e quindi di aspetto insolito potrebbe aver dato origine a leggende sul'uomo selvatico non solo sull'Himalaya, ma anche in tanti altri territori in cui gli appassionati di misteri hanno voluto collocare " parenti " dello yeti.
Procediamo con ordine: quello che in Tibet e Nepal è chiamato ye-tee, da cui il nostro yeti, come ben dimostrato da Lorenzo nei suoi video, è pienamente identificabile con il macaco tibetano ( Macaca thibetana ). Invece la creatura chiamata nyalmo si identifica con il raro orso blu ( Ursus arctos pruinosus ). L'avvistamento di esseri simili, ma con il manto fulvo, può spiegarsi con l'altrettanto raro orso isabellino ( Ursus arctos isabellinus ).
Resta fuori lo " yeti vero e proprio ", cioè quello chiamato balmachi, che ha tutte le caratteristiche dell'uomo selvatico europeo. Però se, come abbiamo visto, già l'orso può essere percepito come un uomo selvatico con caratteri spiccatamente umani, allora anche la credenza nel balmachi potrebbe esser nata dall'incontro con le su menzionate specie ursine. Un indizio che spinge in questa direzione sembra fornito dall'espressione indigena che i giornalisti occidentali tradussero liberamente con " abominevole uomo delle nevi ", adoperandola per descrivere una sorta di pitecantropo, cioè il balmachi, ma che tradotta letteralmente vuol dire " uomo-orso " ( < Wikipedia s.v. Yeti )!
In un vecchio libro di Peter Kolosimo: << Il pianeta sconosciuto >> ( Per favore non mi fucilate! ) ho trovato una mole di leggende e testimonianze che mi hanno consentito di sviluppare questa teoria. Vediamone alcune.
I lama considerano lo yeti " un cugino dell'uomo ", e per questo ne conservano reliquie nei monasteri; tali resti si sono dimostrati puntualmente dei falsi artigianali.
Lo descrivono come mite e timido, ma curioso, per cui spesso viene ad affacciarsi alle finestre di case e conventi. Ciò ricorda la testimonianza di una vecchietta che negli anni '80 viveva nel Parco Nazionale degli Abruzzi, e da giovane era rimasta terrorizzata da un orso che era venuto a bussare insistentemente, letteralmente " bussare ", alla porta di casa sua. Per farlo andare via, dovette calare dalla finestra un cestino di pane e formaggio. L'orso " prese in mano " il cestino e se ne andò ( Vedremo più avanti che anche nel Caucaso un demone villoso chiamato shaitan a volte chiede all'uomo cibo e vestiti ).
Dicono poi gli Sherpa di aver visto gli yeti scavare in cerca di radici, un comportamento che si direbbe da orso, scagliare pietre ( Supra ) e maneggiare strumenti primitivi, che possiamo immaginare essere semplicemente bastoni di legno e sassi che, abbiamo visto, gli orsi sono in grado di maneggiare. Inoltre dicono che sono in grado di ricavare scalini nel ghiaccio per rendere le salite meno faticose, ed identificano come tracce di yeti delle piste di impronte tipicamente tondeggianti ed accoppiate, in maniera tale da sembrare lasciate da una creatura bipede, ma che in realtà è stato dimostrato essere piste di orsi che correvano a quattro zampe nella neve alta.
Questi " abominevoli uomini orso " però, come già accennato, non sono confinati sull'Himalaya.
Se ne trovano ad esempio sugli Altai, dove il più antico avvistamento, ad opera dell'esploratore bavarese Johann Schildberger, risale al 1407! I locali chiamano questi esseri almase e dicono di cacciarli " come cavalli selvaggi ". E' interessante notare che anche l'orso, da sempre, viene cacciato e mangiato, sopratutto il rinomato prosciutto; e da quelle parti è possibile avvistare il raro orso del Gobi ( Ursus arctos gobiensis ).
Il nome " almase " somiglia al caucasico " almasti ", nome di un altro uomo selvatico, che abita però i monti del Caucaso. La somiglianza dei nomi non è casuale, perché il Caucaso è da sempre un crocevia tra Oriente e Occidente.
Anche l'almasti, di pelo fulvo, si comporta come un orso, e perciò potrebbe trattarsi dell'orso siriano ( Ursus arctos syriacus ), dal manto chiaro, anch'esso difficile da avvistare, come dimostra questo aneddoto: un pastore in marcia verso i campi estivi si ferma in un accampamento di altri pastori. Non dorme bene, il trambusto del suo compagno di tenda lo sveglia di continuo. Improvvisamente una grossa mano scosta i teli della tenda, ed uno strano animale peloso appare nello spiraglio, si guarda intorno e poi si allontana. Il pastore allora chiede al compagno di tenda che cosa mai avesse visto e si sente rispondere: " Oh, non badarci. Se te ne andrai in giro da queste parti, ne vedrai parecchi. E' un almasti ".
Di questo animale si dice che il manto vari dal nero-grigio al rosso-bruno, che abbia gambe corte e lunghe braccia scimmiesche, che suole tenere ripiegate contro il petto; quest'ultimo particolare fa pensare proprio ad un orso ritto sulle zampe posteriori, e si noti che è una caratteristica comune anche agli avvistamenti himalayani e dei monti Altai.
Negli stessi territori vivrebbe anche un demone islamico chiamato sheitan, anch'esso descritto con caratteri scimmieschi che però potrebbero anche interpretarsi come orsini. Gli sheitan, per aver tentato di scalare la volta celeste, furono puniti da Allah a vagare tra le montagne con aspetto ferino. Se importunati possono lanciare il malocchio, caratteristica comune ad altri uomini selvatici del mondo, e se chiedono cibo o vestiti è bene accontentarli, per non farli arrabbiare, il che ci riporta alle leggende d'Abruzzo ( Supra ).
Il mito della caduta per un atto di tracotanza appare di chiara matrice greca, dal momento che vi fu un millenario scambio di tradizioni tra queste regioni ed il mondo ellenico, come ben esemplificato dal mito di Prometeo. Ciò dimostra che ci troviamo di fronte ad una tradizione preislamica molto antica, e quindi plausibilmente basata su avvistamenti locali più che su leggende introdotte da fuori.
Come accennato all'inizio di questa trattazione, anche le scimmie hanno contribuito ad arricchire il mitologema dell'uomo delle nevi.
Quest'altra pista ci porta in Cina, dove il Prof. Koo Wai - Ioo, dell'Istituto Storico di Pechino, trovandosi nella capanna di un contadino dello Shensi Meridionale ( scil. Shaanxi ), vi trovò un animale dal folto vello. Chiedendo delucidazioni al padrone di casa e alle altre persone del luogo, ottenne questo resoconto: " In quelle regioni ( scil. lo Shaanxi ) ) i yeti che scendono dalle alte montagne vengono da tempo catturati dai contadini e tenuti come schiavi. Se addestrati, compiono i lavori più semplici, ripetono qualche sillaba loro insegnata, senza però comprenderne il significato. Vari libri apparsi in Cina ed in Mongolia nel XVIII e XIX secolo, del resto, descrivono i yeti ( Con le relative illustrazioni ) annoverandoli tra la fauna comune ".
Una spiegazione plausibile può vedere protagonista il macaco tibetano, in una delle sue varie sottospecie, che abita, oltre il Tibet, diverse regioni della Cina Meridionale. E' una scimmia di dimensioni ragguardevoli e pressoché senza coda. Predilige le foreste montane ma è presente anche nelle foreste di pianura.
Considerando che lo Shaanxi si trova immediatamente a Nord del Sichuan, uno degli areali del macaco tibetano, è possibile che vi sia una popolazione settentrionale ancora ignota, i cui esemplari abitano le foreste montane, e qualcuno di essi ogni tanto scende a valle, e viene allora catturato dai contadini.
La notizia secondo la quale questa scimmia sarebbe in grado di imitare parzialmente il linguaggio umano si direbbe un elemento di fantasia popolare, sopratutto perché ancora una volta c'è somiglianza con le leggende sull'orso abruzzese; però comunque non è del tuto impossibile che un primate sia in grado di ripetere sillabe umane " a pappagallo ".
Un altro uomo selvatico di fattezze nettamente scimmiesche si troverebbe nel Myanmar; Lorenzo Rossi vi ha dedicato un video sostanzialmente esaustivo, nel quale si ipotizza che questo abitante delle foreste, dal lungo pelo rossiccio e alto all'incirca come un essere umano, possa essere ancora una volta un macaco di grossa taglia.
Personalmente, considerato l'habitat e la collocazione geografica, ritengo plausibile che alla base della leggenda possa esservi una popolazione relitta di orango continentale, leggermente più grande del suo parente insulare ed estintosi in tempi non troppo remoti.
Sorprendentemente, si parla di uomini selvatici anche in Sudamerica, nelle aree limitrofe ai contrafforti centrali delle Ande. Riprendendo la pista " ursina ", penso si tratti di esemplari di orso dagli occhiali ( Tremarctos ornatus ) occasionalmente scesi a valle. Però si parla espressamente di " uomini - scimmia " in Venezuela e Colombia, dove vengono chiamati Sisimiki. Secondo un missionario spagnolo: " E' un animale con la faccia umana. [...] Stava in posizione eretta, e lo si sarebbe potuto, da lontano, scambiare per un uomo; ma i suoi arti avevano proporzioni scimmiesche ed il suo corpo era coperto da una folta pelliccia "; mentre un geologo francese, M. de Loys, sostiene di essere stato attaccato da due di questi pitecantropi nel 1929, presso il fiume Catatumbo, e di averne ucciso uno a colpi di fucile. Così lo ha descritto: " Quando m'accostai al corpo m'avvidi, con meraviglia, che non si trattava di un indigeno, come supponevo, ma d'una scimmia. Ebbi subito la sensazione d'aver fatto una scoperta importante, poiché sapevo che non vi sono scimmie originarie di quella zona. Fotografai l'animale, alto un metro e mezzo, con trentadue denti, un naso press'a poco simile a quello degli Indios, privo di coda ".
Una spiegazione possibile, e a mio avviso interessante, potrebbe essere l'esistenza di un urside, molto simile, probabilmente imparentato con l'orso dagli occhiali, che a differenza di quest'ultimo, vive nelle foreste pluviali pianeggianti, e sopravvivrebbe alla loro periodica inondazione arrampicandosi sugli alberi ( Abilità questa riscontrata nell'orso andino ). Le dimensioni fornite dai testimoni sono compatibili con quelle dell'unica specie di orso nota in Sudamerica. Inoltre l'impressione di una faccia umana con un grosso naso ( Supra ) potrebbe esser stata suggerita dal muso particolarmente corto dell'orso dagli occhiali in combinazione con la sua " maschera facciale " costituita da pelliccia giallo chiaro, e che dà il nome alla specie.
Tutti gli avvistamenti parlano di uomini - scimmia, ma questo si può spiegare con il fatto che gli osservatori non erano abituati a vedere orsi nelle foreste di pianura, ed allora un orso dal muso corto sollevatosi sulle zampe posteriori poteva essere scambiato per uno scimmione.
Spingendo un po' più oltre la nostra ipotesi, potremmo identificare con quest'orso di pianura anche un altro mostro dell'Amazzonia, il Mapinguarì. Questa creatura, che gli Indios considerano il custode della foresta, è descritta come un bipede, meno alto di un uomo occidentale, dall'aspetto scimmiesco, con una folta pelliccia e lunghi artigli a mani e piedi. Anche in questo caso la descrizione complessivamente collima con le caratteristiche dell'orso andino o di un suo simile; il fatto che, ancora una volta, esso venga assimilato alle scimmie si può spiegare con il fatto che gli indigeni, alla stregua degli occidentali, non sono abituati a vedere ursidi nella foresta pluviale, che invece abbonda di scimmie, perché questa specie ursina, se esiste, deve essere molto rara, e perciò ignota alla scienza.
Si conclude qui questo lungo viaggio alla ricerca degli uomini selvatici, sperando di aver suscitato il vostro interesse e non avervi annoiato.
#5932
Grazie, molto interessante : Smile : ! Sarebbe bello sentire il parere di persone molto competenti, come Lorenzo stesso, o Mauro, su quanto hai scritto. Un saluto, erreesse
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